DOPO DI NOI? INSIEME SI PUO’.
Le Amministrazioni del Distretto Sanitario Cerveteri – Ladispoli vanno stabilizzandosi e…. noi siamo sempre qui a ricordare che nel nostro territorio mancano le strutture per il “Dopo di noi”.
Eppure non sarebbe particolarmente difficile strutturare un modello di intervento che potrebbe dare concrete risposte ad una delle più importanti esigenze di chi vive la realtà dell’handicap.
Del “Dopo di noi” da tanto e troppo se ne parla, le risorse ci sarebbero ma non vengono utilizzate al meglio.
Quelle poste a disposizione dalla ASL si disperdono in rivoletti per un “Durante noi”, definizione giuridicamente inesistente ma utilizzata per definire, o meglio giustificare, l’utilizzo dei fondi per il “Dopo di noi” per progetti che dovrebbero portare ad una maggiore autonomia dei ragazzi disabili in previsione di un futuro affrancamento dai contesti familiari.
Ma tant’è con il placet delle Cooperative sociali che gestiscono tali progetti che, in ultimo, sostanziano assistenza alle famiglie e dunque “possiamo starci” nell’alternativa di non utilizzare i fondi.
Ma “non ci possiamo stare” che non si faccia nulla di concreto per un vero “Dopo di noi”.
Per tale motivo la nostra attività primaria sarà quella di portare in discussione nelle sedi istituzionali un modello di intervento fattibile e che coinvolga soggetti pubblici e privati per un “Dopo di noi” pubblico ed aperto a tutti coloro che ne hanno bisogno, auspicando che sia condiviso e migliorato o anche addirittura sostituito da un intervento più efficace.
A grandi linee, non serve ora entrare nei dettagli, la nostra idea è che gli Enti comunali si impegnino a destinare aree pubbliche per le strutture (la normativa vigente consente di andare in deroga ai vincoli urbanistici, quindi potrebbero essere utilizzate aree altrimenti non utilizzabili) e riservino una parte degli introiti derivanti dalle concessioni edilizie per la realizzazione delle strutture che dunque sarebbero pubbliche e da costruirsi secondo i canoni che ne consentano l’accreditamento al Servizio Sanitario Nazionale.
Gli Enti comunali stessi dovrebbero costituire unitamente alle Associazioni fra familiari di persone disabili una Fondazione a cui affidare la conduzione delle strutture.
La Fondazione si occuperebbe quindi della “gestione operativa” (reperimento di personale qualificato, anche con affidamento dei servizi alle Cooperative sociali, strutturazione dei servizi, ecc.) con un ruolo importante di consapevolezza delle reali esigenze degli assistiti devoluto alle Associazioni che, nelle rispettive autonomie gestionali, potrebbero organizzare attività complementari per il loro benessere.
Gli assistiti quindi non sarebbero “rinchiusi” in un contenitore, le strutture sarebbero la loro casa dalla quale si sposterebbero per le attività ludiche, socializzanti e di mantenimento/sviluppo delle loro capacità.
Con l’accreditamento a S.S.N. si disporrebbe di importanti risorse per la gestione e le Associazioni potrebbero far convergere una quota dei loro proventi in modo proporzionale agli assistiti da esse “collocati”, inoltre la Fondazione stessa potrebbe partecipare alla raccolta del 5 x 1000 e acquisire eventuali patrimoni devoluti alla buona causa.
Insomma, SI PUÒ FARE.
C’è da capire SE SI VUOLE FARE oppure se il “Dopo di noi” deve rimanere un accalorato quanto sterile argomento di discussione.
Preferiremmo discutere sulla fattibilità di un progetto concreto piuttosto che continuare a partecipare a convegni dove per l’ennesima volta verranno illustrate bellissime (o quasi) leggi che rimangono inapplicate.
Filippo Bellantone /Peesidente APS Parco degli Angeli Onlus